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02/04/2013 473° FOGLIO su Franco Cordelli Matteo Marchesini - Franco Cordelli è in prosa quel che il suo coetaneo Scalise è in poesia. Si tratta di scrittori in apparenza loici, di ragionatori che spaccano il capello in quattro. Ma in realtà, i loro discorsi somigliano più a "sogni di ragionamenti" che a ragionamenti veri e propri. Il loro fascino sta in una leggera, calcolata capziosità, nel salto occultato ma decisivo di alcuni nessi logici. Se parlo genericamente di prosa, è perché in Cordelli saggi e romanzi fanno corpo unico. Lo nota Andrea Caterini nella postfazione a "Partenze eroiche", raccolta critica cordellina uscita nell’80 e riproposta ora da Gaffi. Scrivendo, Cordelli è sempre alle prese con un diario: non il diario della sua vita, ma un diario che racconta il vuoto esistenziale in cui nasce la letteratura, "l’unica esperienza assoluta della vita, l’unica esperienza che rifiuta la vita come esperienza". Come Garboli, si ostina a definire i modi in cui arte e vita si vampirizzano a vicenda. Il cortocircuito tra questi due poli si riflette poi nell’oscillazione, molto francese, tra mistica dell’esistenza e vertigine della teoria; tra abuso dell’intelligenza e andatura cieca, a tentoni; tra idolatria del gesto e consapevolezza della vanità d’ogni azione (nella realtà come nei romanzi). È con questo atteggiamento insieme scettico e vitalistico che Cordelli mappa in "Partenze eroiche" il continente della letteratura moderna. Da un lato, descrive le trame romanzesche con disperata voracità, quasi volesse palpare i personaggi e i loro autori; ma dall’altro lato, ogni dettaglio è buono per verticalizzare, per azzardare un’ipotesi metafisica. Nel pantheon di questo Cordelli ci sono James, Gombrowicz, Nabokov, Woolf, Lowry, e il Landolfi "restio al capolavoro". La raccolta si apre proprio su James, romanziere "della banalità", della litote e della frustrazione conoscitiva, che risolve le trame in un "nulla di fatto", e ci mette di fronte alla replica di qualcosa che forse non c’è mai stato (spunta qui Derrida, che torna nel pezzo su Carroll, scrittore in cui "il nonsenso dà senso al senso"). Lo stesso "vuoto" è in Gombrowicz: "Letteratura e vita sono eternamente separate ed eternamente identiche in questa tensione fallimentare alla Realtà, che resta sconosciuta". La poetica cordelliana opta qui per il gesto di chi si "traveste da se stesso", e rifiuta sia i realismi sia i facili ribaltamenti delle avanguardie. Alcune delle pagine migliori riguardano appunto i rifiuti: forse perché quando disapprova, Cordelli diventa di colpo chiaro. Notevole la stroncatura della Stein, del suo terrore avanguardista della banalità. Assai penetranti anche i giudizi sul "Todo modo" di Sciascia ("questo romanzo è tutto nella letteratura e lo è troppo poco"), e quelli su Gadda, "che si è limitato a dichiarare forfait di fronte alla struttura del romanzo naturalista e a manifestare quella famosa morale antieroica e filistea" del "Vediamo cosa c`è dietro". Molto divertente, poi, il pezzo contro Singer, che ricatta il lettore coi grandi temi, lo seduce con una povera paratassi, e propone un mondo dove "gli uomini sono vecchi e brutti ma saggi, le donne furbe e deformi ma generose", e gli idioti santi. Ma il valore critico delle ". La raccolta si apre proprio su James, romanziere Partenze" non sta solo nei rifiuti. Ottimo, ad esempio, il brano su Pizzuto, "nominalista a oltranza" le cui opere vengono associate ognuna, assai ingegnosamente, a un’opera di Joyce. E splendido l’omaggio a Charlotte Brontë: dove "Jane Eyre" è ribattezzato "Il rosso e il grigio", per le sue campagne brumose e i suoi interni scarlatti, e dove le pagine sulla miseria di Jane sono paragonate, con uno di quei collegamenti possibili solo a un lettore tanto acuto quanto onnivoro, al libro di Orwell sulla povertà parigina e londinese. Sembra davvero che il trentenne di ". La raccolta si apre proprio su James, romanziere Partenze"Partenze eroiche" avesse già letto tutti i libri: ben conscio che "la carne è triste" e soprattutto inafferrabile, e perciò tutto votato al racconto di quel limbo, di quel luogo di esperienza assoluta - e cioè di assoluto rifiuto della rea Allegato |
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