01/09/2011
165° LEGGENDARIA su Anna Cascella Luciani

Bianca Tarozzi - Ho conosciuto Anna Cascella Luciani all’inizio degli anni Settanta, quando abitava in via Alberico 11, ma soltanto più tardi abbiamo cominciato a scriverci e a frequentarci. Da lei ho avuto doni significativi; non solo parole ma azioni: per esempio, visite in momenti non facili per me, quando abitavo a Bologna. Per quel che potevo ho cercato dì ricambiare.

La forma epigrammatica e i ritratti familiari sono ciò che più mi affascina nella sua scrittura; più leggo la sua poesia e più questa adesione si rafforza. Ma una definizione generale, che racchiuda tutti i suoi versi, mi è quasi impossibile. Potrei tentare una citazione che forse si adatterebbe alla sua poesia: «De la musique avant toute chose»... ma accanto alla musica dovrei aggiungere il colore, i colori, meravigliosi nelle descrizioni naturali. Un esempio - uno tra i tanti - si trova nel gruppo di versi che ha per titolo "Orme, calco, impronte":

ancora

tutte le oscurità del verde

limate dal cielo estivo

sui declivi - lecci - pinete

- querce – l’argento

degli olivi - di notte poi

le stelle sprofondano nel taglio

di montagna - generando miracoli

terrestri - il sogno umano

s`alza nella combustione di un astro

che si perde - discesa

del desiderio - coda

d’amore - corpo celeste lume

ritrovato - stupore

dell`attimo che brucia (arde

per una notte - o forse due

qui il creato) -

(pp. 479-480)

 

Ma anche qui il colorismo iniziale si trasforma in una luce che comprende e assorbe tutti i colori, nella miracolosa visione delle stelle cadenti. Il colore aveva occupato l’autrice anche in un suo scritto critico: I colori di Gatsby - Lettura di Fitzgerald (Roma, Lithos Editrice, 1995), e questo confermerebbe l’idea di Anna come pittrice potenziale, una specie di Henri Fantin Latour in poesia.

Si potrebbero tentare altre definizioni o attributi: poesia della superficie delle parole, poesia del significante, poesia che vuole nascondere il suo oggetto? Ma anche qui ci sarebbero delle smentite: e sono per l’appunto le poesie dedicate alla madre. Come evadere dai significati in un tema così grandiosamente profondo? Come non dire quella prima lontananza, mancanza, quell`appetito poi mai risolto nell’eros, dell’eros? Riguardo agli amori - svariati, variegati - vale l’alternarsi di vicende non dette ma che il lettore deve indovinare o costruirsi immaginativamente: non c`è sempre una forma di narratività in questa poesia e anzi sembra che l’autrice voglia talvolta ad arte nascondere, non dire, occultare nel puro suono. Questo avviene soprattutto nella prima produzione; in quella più tarda mi pare che il discorso narrativo - affiancato a quello pittorico - si faccia più esplicito e continuo.

Il tema dell`eros percorre tutta la vicenda poetica di Anna Cascella Luciani. Dapprima è un eros proclamato, vittorioso anche e soprattutto nella resa:

saldamente

ti prendo e mi nascondi,

saldamente mi rendo

e mi confondi.

(pp. 84-85)

 

Qui la forma epigrammatica chiude con la rima l`intricata dialettica amorosa, ma la rima segreta, spesso interna, non manca mai nei versi solitamente brevi che paiono voler cancellare il dato, il referente, in un prosieguo fatto a onde: onde brevi, ricorrenti, continue di parole assonanti. Quello a cui si accenna parrebbe essere la naturalità indifferente degli amori, una felicità animale: ma agli amori seguono propositi apparentemente ferrei, di sfuggire, d`ora in poi, alle illusioni:

allora decisi

con nessuno

 

che non c`erano re o dèi

in terra né gli schiavi

nelle stanze femminee

per dargli nastri

e stemmi che il campione

ne inalberasse serra

 

né uomo semplice

in giardino a dare salvia

e timo dunque con nessuno

in ripetuto duello né

in tenera lotta di dominio

né in sterminio dolente

e coabitante di madri amanti

e figlie sacre e sante. (pp. 304-305)

 

Buoni propositi? O forse cattivi propositi? Propositi, in ogni caso, sempre rinnovati perché sempre si rinnova l’illusione di sottrarsi all’eros in una poesia che sembra narrativa ma non è, nonostante la prima persona singolare e il tempo al passato, perché racchiude invece un pensiero, una decisione e una certezza tutte interne:

 

arrivavo col treno e

tu per strade

(precisi entrambi)

all`appuntamento

tu puntuale io

più che amicale ma

certa di sottrarmi

a ruolo di murata

che risponde

(p. 295)

 

Propositi smentiti anche quando molte pagine dopo si ripropone un dilemma amoroso:

 

chiamarlo - non chiamarlo

amarlo - non amarlo pensarlo -

non pensarlo

mentre corre la vita

nel farlo - nel disfarlo

e gli uccelli in aria

si rincorrono e il gabbiano -

trapezio celeste - tese

le ali - va per correnti

verticali che da qui -

terrena - io non sento

ma mi nutro di quel suo

sostenersi dentro

quel vento - scrutando -

dal mio sesso diverso il

grande mito - il figlio

maschio - non si sa

se caduto per invenzione

del padre o per piacere

al sole -

(p. 486)

 

Il mito - qui Icaro - è presente nel pensiero poetante di Anna Cascella Luciani, ma più come memento che come eroe protagonista sul quale proiettare l’altro. Come nella poesia precedente la monaca di Monza, e Icaro qui, gli eroi e le eroine in questa fase poetica non sono spesso chiaramente nominati ma costruiscono tuttavia la struttura della vicenda che anche in quest`ultimo esempio si allontana dall’eros vissuto per darsi alla contemplazione del volo, del sostenersi del gabbiano nel vento. L`altro, lui, il partner, non è nominato e non sembra avere una identità precisa: a volte è un generico "un uomo" (p. 428), oppure "quell`uomo" (p. 429) o un incontro non classificabile o dimenticato (p. 301: "non ricordo/neanche più comelci siamo trovati"). L’innamoramento tuttavia si rinnova: è la delizia di un gesto, di un corpo, la contemplazione dell’estraneo: gli amanti non sono persone, e l’atto amoroso non impedisce ma anzi sembra sancire l`estraneità definitiva:

 

Sei insopportabile

insopportabile

I...I

 

Fu l`ultima cosa

che si dissero in vita - poi

si fecero vecchi

ognuno per suo conto.

(p. 490)

 

Urgono infine altre argomentazioni e altri temi: le amiche e gli amici della poesia, perduti: Franco Fortini, Dario Bellezza, Luciana Frezza, Amalia Rosselli... l’elegia predomina, seppure a tratti interrotta dai brevi componimenti dedicati agli amici di oggi. A tratti invece inaspettatamente il compianto si allarga, e include i migranti morti per acqua, gli uccisi nelle molte e atroci guerre del nostro tempo.

Proprio nel momento in cui Anna nella vita quotidiana è maggiormente impedita nei movimenti per l`ostinata resistenza e malattia del corpo, la figura della libertà, il volo degli uccelli, sembra attirarla ancora più che nel passato.

Nonostante gli excursus mitici, fiori e uccelli sono messi a fuoco e vengono favoriti da un`attenzione privilegiata. Gli oggetti naturali hanno un nome: storni, gabbiani...

Mentre l`antagonista delle poesie amorose non aveva nome né individualità, era una presenza passeggera, i fiori sono invece minuziosamente e amorosamente nominati, le loro presenze sono continue, seppure in pericolo. Ratificato l`inganno della vita, sono i fiori di un infinito erbario ad affollarsi nella poesia di Anna Cascella Luciani, a segnarne i confini:

 

mi contento

di veder l’ibisco

fiorire su un altro

balconcino - tra poco

perderò la vita -

dunque l’ibisco

è il mio confino

(p. 493)

 

E ancora, nella più felice delle forme epigrammatiche, i temi floreale ed esistenziale diventano un`unica cosa:

 

per l`inganno del clima

le gemme soffriranno -

così soffre la vita

per l`inganno -

(p. 493)

 

Nello stesso modo l`immagine delle peonie sembra evocare i modi e il tempo ormai passato dell’amore:

 

le peonie aperte - larghe

vesti di nozze - appena

fruscianti - rosate

profumate si allargano

leggermente piegandosi

sul tavolo tondo - il vaso

liberty le contiene -

altro tempo - altro mondo

(p. 546)

 

Ma è proprio nel momento più drammatico che la poesia si apre al racconto e sembra non voler più nascondere la difficile vicenda autobiografica: ritornano le figure indelebili della madre, della nonna, del nonno, di una infanzia senza padre. Ci viene spiegato l’enigma dei cognomi ma la narrazione scorre nitida e distanziata, quasi impassibile.

Sulle figure mitiche l`ultimo sguardo dell’autrice sembra soffermarsi con più desolato strazio, con la malinconia del rimpianto. La bellezza vince su ogni cosa. Il retaggio classico che percorre sottilmente tutto il libro nelle epigrafi latine e nelle tematiche amorose ricompare con l`evocazione della naturalità sognata, utopica, delle ninfe, stupite per il pianto degli umani. L`inquietudine è soltanto umana. Quanto alle ninfe, nel "quartetto per labirinto vegetale" esse non piangono:

 

ché ai loro occhi verdi -

luminosi - non era dato

vedere altro che il verde

(p. 714)

 

Un po` ninfa, un po` umana, Anna non si vieta le illusioni. «Non avere illusioni - / è l`illusione più grande» (p. 734) si afferma nei versi posti nell`ultima pagina del volume. Questo libro, che contiene tutta la produzione poetica di Anna Cascella Luciani fino al 2009, offre a ogni pagina una luminosità verde-azzurrina, i gioielli di una poesia che rinasce a ogni stagione.

 



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