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19/06/2011 147° CORRIERE DELLA SERA su Anna Cascella Luciani Franco Cordelli - Con le sue 734 pagine di testo, Tutte le poesie di Anna Cascella Luciani è un libro tanto facile da leggere quanto difficile da maneggiare: da maneggiare, intendo, in senso critico. Per più motivi. Il primo concerne la storia editoriale, o pubblica, di questa poesia. La Cascella esordì a trentanove anni, nel 1980, nell`inaugurale volume Einaudi dei Nuovi poeti italiani. Dieci anni dopo pubblicò da Scheiwiller Tesoro da nulla, la sua vera opera prima. Ma ad essa seguirono l`esile Piccoli campi e una quantità di plaquette in edizioni d`arte, come se un altro libro non dovesse più venire. Un poeta che s`inabissava nel silenzio o la cui voce era riservata agli happy few. Se ora la Cascella pubblica la sua opera, che va dal 1973 al 2009 in un solo volume (Gaffi, pp. 734, € 25), è per merito di Massimo Onofri, anche autore di una eccellente introduzione. Sta di fatto che da questa poesia, per lo più sconosciuta, il lettore si sente investito e quasi travolto: un po` come accadde, per citare un episodio, quando Leonardo Sinisgalli pubblicò l`opera omnia di Lorenzo Calogero. Come del poeta calabrese, della poetessa abruzzese ci si può chiedere: Cascella, chi è costei? La seconda difficoltà è intrinseca alla natura della sua poesia. C`è in specie un elemento che la rende .«difficile da maneggiare» in senso critico: è la sua almeno apparente immobilità nel tempo: in un arco di quasi quarant`anni le variazioni tematiche e formali sono poco percettibili. Onofri è bravissimo nel rintracciare una scansione, una storia. Distingue dapprima che poesia d`amore sia questa poesia: non già del piacere di vivere, tipo Diego Valeri; ma della gioia di vivere, sulla scia di una nobile tradizione che va da Saba a Penna a Bertolucci (discutibile mi sembra il richiamo suo e della stessa Cascella a Giudici e Fortini). Più tardi, all`altezza di Tesoro da nulla, compare una matura e appagata sensualità. Poi, poco a poco, il male d`amore diventa male di vivere. La cantabilità della Cascella s`incrina, la grazia s`intride d`ironia, le «torsioni dell`intelligenza» provocano una nuova moralità: ii pensiero della morte, più o meno da Tutte le oscurità del verde (1996-2005), s`è infine installato. Vorrei proporre, su questo vasto corpus composto per lo più da poesie brevi e di trasparente profilo, qualche osservazione. I testi sono spesso contemplativi: elenchi di ciò che si vede, privi di verbo, dunque di movimento (è una qualche conferma della immobilità di cui dicevo). Ma vi sono anche delle storie, che riguardano una difficile famiglia - da cui il doppio cognome, sopraggiunto in ritardo, non già a causa di un matrimonio. Quindi vi sono anche poesie lunghe ma, lo ripeto, per lo più poesie così brevi da risultare spettacolari: «Si snocciolano i giorni tutti/ uguali,! colossali!». Vi sono vere poesie d`amore e poesie di moralità, i cui temi prediletti, atemporali, sono la prosopopea, le illusioni, il tradimento: «Il tradimento è cosa/ grave - e non solo/ per chi lo riceve ma/ per chi lo fa - è/ il melograno senza/ doppi semi - è l`animo/ malato della sua/ realtà (chi tradisce/ mente e la menzogna/ ripaga malamente/ col tradimento/ della sua realtà)». Vi sono i poeti moderni, quelli citati da Onofri, tra i quali è giusto aggiungere Emily Diclcinson da un certo punto in poi, da quando la musica s`incrina, si fa fulminante, una nota sola, più un`altra nota, una musica a (esasperato) singhiozzo; e vi sono i poeti antichi, Virgilio, Ovidio, Claudiano, e ancor più i nomi antichi: Orfeo, Euridice, Proserpina, Ofelia, Calibano, Ariele. Un`altra costante di tutto il libro è la nomenclatura, che beninteso non è mai mera nomenclatura, del mondo vegetale e di quello animale: crisantemi, dalie, gelsomini, petunie, ortensie, iris, calendule, peonie e, perfino, ortiche e maggiociondoli; tra gli animali, dominanti sono i gatti e gli uccelli: usignoli, passeri, gabbiani. Ma poiché, come dice il titolo di una sezione, labuntur anni, il tempo è sempre in scena: «Vieni - recuperiamo/ il tempo - che/ il passato sia stato/ solo un complemento -/ di specificazione -/ di crescita-/ di perdizione -/». Pure, arrivati con la descrizione a questo punto, non si è soddisfatti. Non ci si può accontentare. Questa poesia non può che nascondere un qualche trucco, non è certo tramata di sola musica e di «sentimenti eterni». Una musica (una cantabilità) così costante, così ossessiva, così prolungata, non può che nascondere qualcosa. Ebbene, la poesia della Cascella è forse una delle espressioni più compiute di almeno un aspetto del sentimento della donna in rivolta dopo il 1968: vi è nel suo fondo un tesoro un pó velenoso, guai a chi lo tocca. La liberazione, sì: ma quella è scontata. L`amore, certo, per la natura e, di più, per l`uomo. Ma l`uomo (l`altra metà del cielo) è sempre in fuga, sempre lontano. Prima vicino, poi remoto. Come avere fiducia, fede, abbandono? Non si può. Alla fin fine, sia la cosiddetta liberazione, sia l`invocato amore, sia la vita solitaria, sia la vita in comune si sono rivelati un`illusione o, addirittura, un fallimento. Ho detto che il profilo di questa poesia è spesso trasparente. A guardare bene, a guardare oltre, si scorge, netta, ubiqua, l`incrinatura: dietro la dolcezza del sentimento c`è l`amarezza se non, perfino, il risentimento. Il risentimento, io sospetto, è l`ultima Thule della poesia di questa «Giovanna d`Arco dell`amore». Allegato |
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